Non è il migliore della serie, ma la professionalità tecnica e artistica del nuovo film di Jason Bourne si staglia di molto al di sopra della media di questo genere cinematografico. Paul Greengrass, insieme ai suoi preziosi collaboratori, è l’unico regista capace di strattonare il pubblico con l'uso a mano forsennato delle sue macchine da presa, dopo aver frullato le immagini in sala di montaggio, e ottenere esattamente ciò che vuole. Con il suo stile di ripresa e il grande lavoro di editing, Greengrass compie quasi un miracolo nel mantenere intatto lo stomaco di chi guarda offrendo l'immersione totale dentro l'azione e senza mai perdere punti di riferimento. Nonostante ogni secondo corrisponda a una singola inquadratura, se non meno, non viene mai perso il contesto né la coreografia.
E poi c'è Matt Damon il cui valore in termini artistici sullo schermo si è consolidato proprio nel 2002 con Identity grazie a questo personaggio di poche parole che pensa veloce, agisce e colpisce. Calato fino in fondo nel realismo della saga di Bourne, l’attore è cresciuto con lo smemorato agente segreto guadagnando credibilità di fronte ai suoi stessi occhi. Il salto di qualità l’ha fatto con Supremacy quando Greengrass è subentrato a Doug Liman e, nonostante avesse detto più volte che dopo Ultimatum non ci sarebbe stato più nessun Bourne, Damon non ha resistito all’impulso di regalarsi una nuova avventura.
Conosciamo la storia di Jason Bourne, un killer della CIA che grazie a un incidente perde la memoria e con occhi diverse rivede e rinnega la sua vita professionale. Quando non fugge è lui a rincorrere e per questo film serviva un nuovo motivo per stanarlo, un nuovo scoglio del suo passato pronto a riaffiorare. A molti dirigenti della CIA lui non è mai piaciuto e neanche Tommy Lee Jones prevede di fargli sconti, ma è l’emergente funzionario interpretato da Alicia Vikander a guadagnare terreno portando una diversa umanità. L'attrice è bravissima a lasciar trasparire fiamme sotto la superficie algida del suo personaggio. Sfortunatamente la sceneggiatura lascia sentire più del necessario il bisogno di mandare avanti la storia, appesantendola inevitabilmente, ma l'esperienza della visione è un toccasana per ogni amante del genere e rimarca quanto sia stata lunga l’assenza di Jason Bourne dal cinema.
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